In occasione della Giornata internazionale dedicata alle vittime dell’immigrazione non possiamo non ricordare il naufragio di Lampedusa del 3 ottobre del 2013 quando persero la vita 368 persone, tra cui 83 donne e 9 bambini, “colpevoli” di cercare un futuro, per sé e i propri cari. “Spesso solo un futuro, non un futuro migliore, non condizioni di vita degne” – denuncia Ugo Melchionda portavoce di GREI250 – “ma la mera alternativa alla morte per inedia, per disastri climatici, per persecuzioni religiose, etniche, di genere o politiche”.
Da allora circa 25mila persone sono morte nel Mediterraneo, 1400 solo nel 2022, come ricorda AOI, l’Associazione delle organizzazioni italiane di cooperazione e solidarietà internazionale di cui siamo parte, che da sempre sostiene che serve un impegno concreto dell’Europa per una missione coordinata ed efficace di ricerca e soccorso in mare e vie di accesso legali e sicure per chi fugge da guerre, fame, violenze.
C’è chi vorrebbe risolvere ‘il problema’ affondando i barconi dei ‘clandestini’, chi con blocco navale, chi ritiene che i migranti debbano presentare le loro domande di protezione fuori dai confini nazionali, chi preferisce esternalizzare le frontiere pagando altri Stati per gestire i migranti.
Noi siamo quella parte di Paese, invece, che celebra il 3 ottobre e la memoria delle vittime dell’immigrazione come una tragedia che sentiamo vicina. Vicina in quanto esseri umani. Vicina perché ricordiamo la nostra emigrazione, quella passata e quella presente dei giovani cervelli in fuga. Vicina perché sappiamo che la migrazione è legata ai problemi più grandi che tutti stiamo vivendo: pace, ambiente, povertà, giustizia sociale, libertà. E ci riguarda tutti e tutte.
Noi del CIES abbiamo un punto di osservazione privilegiato, il punto di vista delle giovani generazioni che incontriamo ogni giorno nel nostro Spazio Giovani e Scuola D’Arte, MaTeMù. In loro, nei ragazzi e nelle ragazze, di ogni lingua, etnia, situazione socio-economica, vediamo energia e una grande voglia di costruire il futuro. Come sostenuto anche da Papa Francesco, donne, bambini, uomini che lasciano il proprio Paese per motivi spesso drammatici, migranti e rifugiati, sfollati e vittime della tratta sono una risorsa preziosa per le nostre società. Una risorsa con cui possiamo e dobbiamo “costruire un futuro”, sprovincializzare la cultura e ampliare gli orizzonti del nostro “condominio globale”. “Abbiamo un sogno” ci ricorda la nostra presidente Elisabetta Melandri ai microfoni di Radio Vaticana “tanti presidi, punti sparsi nel territorio, dove scambio e intercultura diventano un qualcosa di naturale che appartiene al fare insieme di tutte e tutti.
Ascolta l’intervista della Presidente, Elisabetta Melandri a Radio Vaticana.
*Foto: “TwentyShoes – 16” by Tommi Boom, licensed under CC BY-SA 2.0.
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