Scuola, famiglia ed extra scuola sono tre luoghi che si incontrano, si scontrano, si sovrappongono. Se questi tre pezzi non si parlano, non si confrontano per risolvere le situazioni di chi sta al centro di tutto, non c’è verso di andare nella stessa direzione. Serve allora una figura che faccia da collante: un genitore non deve essere solo genitore, ma deve dialogare con la scuola, cosi l’insegnante deve saper dialogare con i genitori, e l’extra scuola è il momento del divertimento, ma se non è collegato con quello che succede al mattino non è facile. Gli interventi sui ragazzi e sui bambini sono fondamentali, ma se non interveniamo anche sugli adulti, sul crollo della figura adulta, siamo solo a metà dell’opera.
Lavorare sull’apprendimento ma anche sulla relazione
La scuola è chiaramente al centro di tutto e il primo luogo della scuola è la classe, un microcosmo in cui stanno insieme tante diversità. Come fa notare Valeria Lucatello, serve che gli insegnanti riescano a mantenere alta l’attenzione, che lavorino sull’autostima dei ragazzi e non sullo sminuire, che sappiano valorizzarli, che propongano attività che non siano solo quelle frontali, sugli apprendimenti, ma anche sulla relazione. Sono due cose che possono andare insieme, in base a come viene fatta la didattica. Alcuni insegnanti l’hanno imparato, altri hanno educatori che lavorano insieme a loro e creano occasioni per coinvolgere i ragazzi. Che così restano meno a casa.
Ci stanno dicendo: un mondo così non ci piace.
Quello che serve è allora una visione politico-educativa condivisa, che serva a plasmare gli ambienti educativi formali e informali. Non c’è altro sistema di creare quegli spazi di rifugio e di respiro. Ci sono dei tentativi sporadici, ma vanno sistematizzati. C’è poi il discorso della valutazione, che non si può evitare, «ma si deve imparare anche a prendere un 4 senza morire» come spiega Valeria Lucatello. «Ma il 4 è solo una piccola parte della storia» ragiona Davide Fant, «gli esseri umani hanno sempre appreso senza i voti. Un conto era il 4 per me in un altro mondo, un conto è il 4 oggi. Un conto è il 4 e lo sguardo dell’insegnante». «I ragazzi stanno portando dei temi epocali» continua. «A scuola i ragazzi vengono umiliati, gli si fanno battutine, è sempre andata così. I ragazzi stanno dicendo: no, basta, queste cose non le vogliamo più; stanno dicendo cose grosse, non solo il 4. In loro c’è una parte disfunzionale, prendo il 4 e non lo so sostenere. Ma c’è anche una parte adattiva: il mondo è cambiato e loro per reagire al mondo fanno queste cose. E forse c’è una parte di visione. Forse ci stanno dicendo: guardate, un mondo così non ci piace, ne vogliamo uno diverso. Solo che siamo in un momento in cui non si cono le parole per dirlo, non è tematizzato. È per questo che dobbiamo metterci in ascolto».
Fonte: https://www.retisolidali.it/adolescenti-e-hikikomori-matemu/
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