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ALIVE nonostante COVID19

CIES Onlus

14 এপ্রিল 2020

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ALIVE nonostante COVID19

Tirana, 9 aprile 2020

 

Esattamente un mese fa, il 9 marzo, ci siamo svegliati con la notizia dei primi due contagi da Covid19 in Albania.

 

Da tempo costantemente aggiornati dalle notizie provenienti dal resto del mondo, è apparso subito chiaro che anche in Albania nel breve giro di qualche giorno la quotidianità del nostro impegno a favore delle donne in difficoltà sarebbe cambiata.
Non tanto la mia personale. Da poco più di due mesi sono padre di due splendidi bimbi che ancora prima del virus hanno rivoluzionato la mia quotidianità. E per dirla tutta, a cercare il “possibile positivo” dell’attuale condizione di quarantena, ora ho un po’ di tempo in più da dedicare ai due nuovi arrivati.

 

Mi riferisco almeno a quelle tre ore che sono necessarie per andare e venire ogni giorno da Durazzo a Tirana, dove abbiamo la nostra sede. Perché le altre poi sono comunque ore di lavoro. La cucina di casa è diventata il mio ufficio. Grazie alla tecnologia. Che spesso viene vituperata, ma che mai come in queste settimane ha dimostrato quanto può essere utile se utilizzata correttamente.

 

Perché oggi siamo a 409 casi identificati. I decessi sono 23. Il Paese è chiuso da ormai quattro settimane e il Governo, consapevole delle criticità del sistema sanitario pubblico, ha emanato una serie di decreti che limitano in modo consistente la libertà di circolazione, di lavoro e di impresa.

 

Il nostro lavoro ora lo facciamo a distanza. Lo chiamano smart work, telelavoro… parole che sembrano rendere tutto più facile e leggero… Ma nel nostro caso è solo la prossimità che cambia, perché la concretezza dei problemi a cui cerchiamo di dare risposta resta; è tutta a lì a prescindere dagli strumenti che usiamo per affrontarli.

 

E così ogni giorno mail, chiamate su WhatsApp, telefonate ci consentono di proseguire l’impegno nel coordinamento dei nostri progetti. In particolare quello finanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo, iniziato soltanto lo scorso ottobre, il cui acronimo è davvero perfettamente in sintonia con la situazione attuale: “ALIVE”.

 

Anche perché in Albania la pandemia è stata preceduta da uno dei terremoti più forti di sempre. Il più forte degli ultimi cinquant’anni. Il 26 novembre scorso una scossa di magnitudo 6.2 ha sconvolto un’intera nazione, lasciando migliaia di persone senza casa.
La nostra sede a Tirana tuttavia non è abbandonata. Ho ottenuto infatti un permesso per poter circolare con l’auto di progetto. E quindi quando necessario, anche se lo si può fare solo per poche ore, mi reco a Tirana per lavorare.

 

Una città che quest’anno compie 100 anni come capitale dell’Albania. E sembra che non siano passati per niente: il traffico caotico è un ricordo; i marciapiedi pieni di passanti anche. La città è silenziosa come mai l’ho vista prima. E si riscopre la bicicletta, anche se in realtà le misure adottate dal governo sono molto restrittive: si può circolare, solo dopo aver ricevuto via mail o sms l’approvazione della propria richiesta di permesso, tutti i giorni dalle 05.00 alle 13.00. Poi tutti a casa.

 

Fa eccezione il weekend. Infatti dalle 13.00 del sabato alle 05.00 del lunedì successivo è proprio proibito uscire di casa!

 

E la polizia e l’esercito sono schierati a far rispettare le norme. Non sempre con implacabile e irremovibile decisione, ma tanto basta a dissuadere la maggioranza delle persone, che preferisce non correre rischi inutili.

 

In questo clima noi però restiamo “ALIVE” e proseguiamo le attività di sostegno alle donne sopravvissute alla violenza o che si trovano in condizioni sociali ed economiche svantaggiate. Chiusi in casa il virus viene lasciato fuori, ma la violenza rimane al suo interno.

 

Perché il virus tali problematiche, se possibile, le ha rese ancora più intollerabili: essere costretti a stare chiusi nella stessa casa con un uomo violento, fa fermare il tempo e ti toglie ogni possibilità di respirare scampoli di normalità; non poter svolgere neanche quel piccolo lavoretto, che a fatica tieni stretto per sperare in un futuro migliore, perché tutte le attività sono ferme, moltiplica le difficoltà di arrivare, non alla fine del mese, ma della giornata.
Per tutto ciò non potevamo non andare avanti garantendo il sostegno a tutte le attività e a tutti i servizi per le donne offerti dai nostri partner locali.

 

Perché poi alla fine sono Diana, Luljeta, Redi, Etleva, Trendelina, Tonilda, Adea, Ada, Arvina, Endrit, Adena, Genta, Malvina, Juliana, Edlir, con la supervisione di Albana, che garantiscono con le loro associazioni il supporto necessario alle donne che hanno necessità di denunciare la violenza subita; di trovare un lavoro part time da poter svolgere nelle ore consentite; di condividere i propri drammi familiari; di ottenere un ordine di protezione; di essere accolte in un ambiente protetto; di ricevere un aiuto per far fronte a sopraggiunte problematiche sanitarie che altrimenti si aggraverebbero.

 

Certo in questi giorni non abbiamo la possibilità di garantire il calore di un abbraccio. Ma attraverso i numeri di telefono messi a disposizione dalle ONG partner, le donne in difficoltà possono trovare una voce amica in grado di consigliare. E attraverso gli incontri da remoto, con WhatsApp, possono continuare ad incontrare lo sguardo e il sorriso degli operatori e delle operatrici, come prima della chiusura. Compresi gli uomini violenti, per i quali ALIVE sta intervenendo sostenendo i servizi di counselling erogati dalle ONG partner.

 

Fermo restando che per le questioni di violenza domestica i tribunali qui in Albania non chiudono. Per cui il sostegno legale e l’accompagnamento alle udienze, prese tutte le precauzioni necessarie, vengono garantiti come prima della quarantena.

 

Così come del resto sono aperti anche gli shelter dei nostri partner. Le donne e le ragazze ospiti possono contare sul supporto delle operatrici, ora impegnate anche a mitigare lo stress derivante dalla impossibilità di uscire e svolgere le attività di reintegrazione stabilite: frequentare la scuola, seguire un corso di formazione, andare a lavoro, fare un giro in centro città insieme al proprio bambino. E naturalmente restano disponibili ad accogliere nuove ospiti che ne avessero bisogno.

 

Perché questo è quello che fa il CIES in Albania: sostiene la creazione di occasioni e spazi per uscire dal ciclo della violenza e della povertà, offrendo opportunità perché le donne possano riappropriarsi della propria vita e gli uomini violenti possano comprendere quanto sia sbagliato il sistema di valori che sta alla base dei loro comportamenti e, in fin dei conti, pure della loro debolezza, e quanto sia invece necessario impegnarsi per cambiare approccio al rapporto con le proprie moglie, compagne, figlie.

 

E lo fa grazie a partnership forti con importanti organizzazioni della società civile. E con le istituzioni locali. Con le quali CIES sta lavorando per preparare i rappresentanti delle municipalità a trasferire i concetti della giustizia di genere nella redazione dei bilanci pubblici, per assicurare che le risorse disponibili, benché scarse e forse proprio per questo, trovino un impiego maggiormente attento alle diversità insite in ogni comunità.

 

Sono ormai 30 giorni che l’Albania è chiusa. Ma noi del CIES Albania non chiudiamo. Restiamo aperti, aspettando attivamente che tutto il Paese riparta.

 

Antonello Massenti
Rappresentante CIES in Albania

Tutte le foto di Tirana che accompagnano questo breve reportage sono state offerte gratuitamente dal fotografo Arber Xhaferaj. Tutti i diritti sono riservati. Le altre sono di Antonello Massenti.

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