Durante questi due mesi di lockdown ognuno ha cercato un proprio modo di adeguarsi ai provvedimenti che hanno radicalmente cambiato il nostro modo di vivere la quotidianità. Personalmente, nell’attesa di capire come si sarebbe sviluppata la vita in quello che sarebbe stato un periodo di chiusura totale, le prime settimane sono state l’occasione per dedicarmi allo studio.
Volevo approfondire tematiche utili al mio lavoro, ad esempio quali opportunità possono derivare dai nuovi mestieri legati allo sviluppo sostenibile per le decine di ragazzi e ragazze che con i colleghi dello Spazio di Orientamento alla Formazione e al Lavoro (SOFeL) incontriamo ogni anno? Come i nostri progetti possono intercettare tali opportunità? Quindi, ho recuperato le password delle piattaforme di e-learning che non utilizzavo da alcuni mesi e ho studiato.
Quindi, se dovessi raccontare questo periodo cosi unico nella vita di tantissimi di noi, una delle prime parole che userei per descriverlo è proprio imparare. I giorni intanto passavano e arrivati alla terza settimana di lockdown, quando ormai tutti avevamo imparato anche altre nuove nozioni come il concetto di distanziamento e di restare a casa, in aperta controtendenza si faceva sempre più pressante dentro di me e del gruppo di lavoro di cui faccio parte un’altra parola: prossimità.
Ebbene sì, proprio mentre tutti stavamo a casa, non potendo più condividere lo spazio dell’ufficio, quello della caffetteria o quello delle aule, questa parola si è fatta strada dentro di noi. Fino a giorno 8 marzo seguivamo, in presenza, non meno di 30 persone solo nell’ambito del progetto LIME, più tante altre fra i vari progetti di inserimento lavorativo.
Stavamo per attivare 4 nuovi tirocini proprio prima che tutto andasse in stand by. Insomma, queste persone che vedevamo e sentivamo quasi ogni giorno, ora erano improvvisamente lontane da noi e probabilmente con ancora meno certezze di prima rispetto al proprio futuro. Qui l’abitudine ad utilizzare strumenti come Skype o altre piattaforme che normalmente ci consentono di tenerci in contatto con i partner che si trovano anche in altri paesi è stata utile.
Abbiamo contattato tutti i ragazzi e le ragazze inseriti nei vari progetti e con una facilità maggiore di quella che credevamo, seppure in modo diverso, ci siamo ritrovati. La parola prossimità quindi ha assunto una valenza nuova, non era più prossimità fisica, è diventata una forma di prossimità sensoriale, spirituale direi. Parlare con loro, sapere come stavano passando le giornate, conoscere le loro paure durante questo momento così difficile, provare a condividere le regole che tutti abbiamo dovuto, ancora una volta imparare, tutto questo ha aperto tante piccole finestre di condivisione in diverse parti della città.
Questo mi porta alla terza parola che vorrei usare per descrivere questi mesi, che è reagire. Utilizzare una app per le videoconferenze, per chi non l’ha mai fatto, è stato un modo per reagire. Farsi vedere a casa, o in tanti casi nella propria stanza nel centro d’accoglienza, mostrando lo sfondo privato delle vite quotidiane, anche mostrando abiti che solitamente non utilizziamo per uscire, è stato un modo per reagire.
È stato un modo per dire: “anche se sono fermo, comunque non mi arresto!” E quindi le attività si sono arricchite: dopo il racconto della propria vita quotidiana, abbiamo iniziato a parlare di nuovo di lavoro, di come ricercarlo anche durante questa fase, come aggiornare il proprio CV, come candidarsi ad una offerta di lavoro, anche se tante attività commerciali, soprattutto della ristorazione non sanno se e quando riapriranno. Ma c’è anche chi invece durante tutto il lockdown non si è mai fermato e anzi ha bisogno di nuovi collaboratori. Abbiamo provato a dare un supporto per accedere agli aiuti della Regione Lazio a tanti dei ragazzi che hanno vissuto settimane difficili. Abbiamo continuato a pensare ai vari progetti degli aspiranti imprenditori e imprenditrici del progetto LIME, anche se pensare di avviare una nuova attività in questo periodo sembra un controsenso.
Così, tutti insieme abbiamo reagito!
Ora che dopo due mesi, pian piano, qualche attività inizia a riaprire, ora che le passeggiate possono andare oltre i 200 metri dalla propria abitazione, ora che passeggiando per le strade che fino a pochi mesi fa percorrevo ogni giorno e che oggi mi sembra quasi di vederle per la prima volta, come un turista, quasi come se tutte queste settimane io abbia vissuto in un altro posto, ora che siamo alla vigilia di una nuova fase di questo strano anno, una nuova parola si affaccia: ricominciare. Ma questa sarà quella più difficile da ridefinire.
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