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Mediatori interculturali: precarietà, tariffe e riconoscimento della qualifica professionale

CIES Onlus

09 Febbraio 2023

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MEDIATORI INTERCULTURALI: PRECARIETÀ, TARIFFE E RICONOSCIMENTO DELLA QUALIFICA PROFESSIONALE

Gestire le migrazioni come se fossero una perenne emergenza serve a far crescere una tensione sociale senza senso, perché la paura frutta consensi elettorali.

 

Questo il motivo delle campagne di denigrazione del mondo dell’accoglienza.

 

E del lasciare chi lavora nella gestione dei conflitti e delle migrazioni, come i Mediatori Interculturali, senza il riconoscimento formale di questa cruciale professione, nella precarietà e nella corsa al ribasso delle tariffe.

Cosa fare? Ne hanno parlato su La Repubblica Luca Attanasio con la Presidente del CIES Onlus Elisabetta Melandri.

Mediatori Interculturali – “Siamo molto preoccupati per un clima che si sta instaurando attorno al mondo dell’accoglienza dei migranti e del Terzo Settore che rischia di mortificare tutto quanto prelude e promuove il passaggio dalla prima ricezione (sbarchi, ingressi alle frontiere, primi alloggiamenti) a percorsi di legalità e reale integrazione nella nostra società”.

Così Elisabetta Melandri, presidente del Cies Onlus che, insieme ad altre realtà del terzo settore tra cui il Tavolo Asilo e Immigrazione, sottolinea i timori di una deriva securitaria delle politiche migratorie del governo Meloni.

 

Le continue campagne di denigrazione del sistema dell’accoglienza, la retorica anti-Ong, lo svilimento del ruolo della mediazione interculturale, sono elementi che concorrono a perpetuare un’idea perennemente emergenziale del fenomeno migratorio, senza mai governarlo, al fine di trarne consenso politico.

MEDIATORI INTERCULTURALI: UN RUOLO STRATEGICO

Il restringimento dei percorsi di integrazione e inclusione passa anche dalla contrazione del ruolo di tutti gli operatori che lavorano nel settore dell’accoglienza – spiega Luca Attanasio su La Repubblica.

In particolare dei Mediatori interculturali, il cui ruolo va bel oltre il mero interpretariato linguistico, ed è invece cruciale nel favorire l’integrazione dei migranti e la loro tutela da clandestinità e irregolarità.

 

“Tutto questo patrimonio di esperienza, know-how, elaborazione teorica e umanità, un bagaglio che conta apprezzamenti in tutta Europa, rischia di essere dissipato, favorendo un clima di crescente tensione sociale senza senso” – sottolinea Melandri.

IL RICONOSCIMENTO FORMALE DELLA QUALIFICA DI MEDIATORE INTERCULTURALE

La figura del Mediatore Interculturale si è sempre più professionalizzata in questi anni, assurgendo a un “ruolo primario e punto di riferimento nelle politiche di integrazione e inclusione dei migranti” – ricorda Elisabetta Melandri.

La professione del Mediatore Interculturale ha bisogno di un riconoscimento formale, univoco e nazionale, che la faccia entrare a pieno titolo nel novero delle professioni del sociale.

I mediatori  interculturali potrebbero operare in ogni Regione grazie a una certificazione che accrediti le loro competenze, maturate sia tramite percorsi formativi specifici, sia in seguito ad un’ampia e comprovata esperienza sul campo.

Da 40 anni il CIES Onlus ha investito nella formazione e creazione di una rete di 1.400 professionisti in tutta Italia. E ha lavorato intensamente e con successo, come consulente tecnico, al Tavolo Interministeriale con Ministero dell’Interno, Ministero del Lavoro e altre Istituzioni nazionali e regionali, per far sì che la qualifica di Mediatore Interculturale venisse finalmente normata.

Cosa manca dunque? È necessario un ultimo passo: che questa normativa venga recepita all’unanimità da tutte le Regioni, ovvero accolta pienamente dalla Conferenza Stato-Regioni, dove purtroppo è attualmente bloccata.

MEDIATORI INTERCULTURALI: PRECARIETÀ E TARIFFE

Una delle criticità del lavoro di mediazione interculturale in Italia è attualmente la precarietà: sia per i mediatori che per le agenzie che ne curano la formazione e la messa in servizio. Questa precarietà è dovuta:

  • in parte alle necessità linguistiche: i flussi migratori cambiano in base alle situazioni geopolitiche (ad esempio, oggi assistiamo a una grande richiesta di competenze nella lingua e cultura ucraina);
  • in parte alla natura deontologica del lavoro di mediatore interculturale, ossia il suo essere “Terza parte”, che preclude ai mediatori l’inserimento stabile in organico nelle istituzioni pubbliche.

Ma ci sono due altri fattori, invece governabili:

  • la logica dell’appalto che crea una corsa al ribasso delle tariffe. Le stazioni appaltanti dovrebbero impedire il deprezzamento di servizi così altamente professionali;
  • il riconoscimento della qualifica a livello nazionale che mitigherebbe questi elementi di precarietà, fissando  dei parametri minimi retributivi sotto i quali nessun soggetto appaltante dovrebbe mai scendere.

Il CIES Onlus continua a lavorare, di concerto con gli altri attori del settore accoglienza migranti e mediazione interculturale, affinché vengano affrontate queste carenze e venga dato ai mediatori interculturali il riconoscimento formale e concreto che merita una professione così apprezzata e vitale per la nostra società.

Per approfondire il tema, leggi l’articolo di Luca Attanasio su La Repubblica

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