Torniamo alla risposta ai bisogni a cui siamo stati chiamati come organizzazioni perché i progetti che promuoviamo, gestiamo e chiudiamo sono il frutto innanzitutto di chi siamo e con chi siamo.
Risposta ai bisogni: nella crisi Covid-19 qui in Tunisia i bisogni sono stati immediatamente collegati alla preoccupazione per la salute. In realtà c’è da segnalare che i casi di contagio e di decessi sono molto limitati per ora: il governo ha voluto agire con forte senso della prevenzione, cosciente dei limiti di un sistema sanitario fragile e che vede una grande preponderanza di cliniche private di alta gamma sparse soprattutto nelle zone d’elite residenziali e di uffici, considerate ora tra i principali focolai di malattia, includendo l’isola turistica di Djerba… Chissà, forse noi espatriati abbiamo delle responsabilità in questo. Ma questa è un’altra storia per il prossimo racconto.
Ancora una volta riprendo il filo … La risposta alla preoccupazione per la salute è stata quella di attivare fin da subito un numero telefonico a cui risponde il medico che lavora con noi, presidente dell’Associazione ATCD. Allo stesso tempo abbiamo diffuso attraverso la rete dei più di 3.500 abbonati FB i numeri di sostegno e orientamento psico-sociale per chi si sentisse in bisogno di parlare, solo o disorientato. Voci conosciute, voci amiche e rassicuranti che possono rispondere alle richieste di aiuto ed eventualmente smistare le risposte ai servizi attivi e alla costituenda rete di sostegno socio-sanitaria.
Abbiamo la fortuna di contare su un’equipe psicosociale che ha risposto con entusiasmo alla proposta e arricchito con mille dettagli le modalità di agire e comunicare.
Passo numero due quindi la costituzione di un coordinamento delle organizzazioni e istituzioni a partire da quelle con cui lavoriamo e che ci sono affini per capire insieme cosa poter fare, come, e dove.
L’emergenza è stata data dal fatto che accanto alle famiglie vulnerabili tunisine con cui lavoriamo esiste una importante comunità migrante costituita da giovani sub sahariani, in parte studenti (che come ovunque lavorano per supportare gli studi) e in parte lavoratori .Questi giovani si sono trovati da un giorno all’altro senza lavoro: chiusi i ristoranti dove lavorano come camerieri, assistenti di cucina e lavapiatti; chiusi i commerci dove erano venditori e personale di servizio. Impossibilità di spostamento per il personale domestico e di babysitting soprattutto proveniente dalla Costa d’Avorio: a casa da oggi a domani… la lista è lunga e la conosciamo bene perché in Italia non è molto diverso.
I giovani sub sahariani sono molto organizzati in Tunisia con associazioni per collettività di appartenenza e in due federazioni che le riuniscono e ne sono i portavoce: Alda e Aesat. Si tratta di attori chiave con cui il CIES ha già da tre anni avviato una importante partnership. Sono stati formati più di 40 tra formatori e operatori in Mediazione linguistico interculturale, su cui il CIES ha una lunga esperienza in Italia.
Tutto ciò che vi racconto è iniziato neppure 5 giorni fa anche se mi sembra una eternità. Non entro nei processi quotidiani delle riunioni a distanza: siamo diventati tutti degli esperti digitali dopo le prime mezz’ore a capire se eravamo collegati, di chiudere il microfono quando non si parlava perché i bambini sotto parlavano o di spegnere il video che riduceva la lentezza della comunicazione. Facciamo un salto ad oggi per dire che in pochi giorni il coordinamento è costituito da più di 15 realtà istituzionali a cui si è sommato anche OIM e con un ruolo forte e proattivo delle municipalità della Grande Tunisi dove operiamo, in particolare nelle zone della Banlieu Norte in cui si concentrano i giovani sub sahariani.
Lunedì chiederemo i permessi per poter arrivare a distribuire i kit di alimenti e di igiene in coordinamento tra tutti gli attori e che per ora sono frutto di donazioni private.
Poi arriveranno anche le donazioni istituzionali, in primis il nostro partner l’Union Tunisienne de Solidarieté Sociale, entità del Ministero degli Affari Sociali tunisino che gestisce gli aiuti alle famiglie bisognose e a cui è stato chiesto di incorporare anche le famiglie dei giovani sub sahariani. La macchina è partita adesso si olierà e funzionerà… ne siamo sicuri.
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